Breviario sorprendente di fine estate

La Mimì dorme placida sul divano, fa un caldo porco, ha cominciato a tirare vento, è il primo giorno di scuola. Due anni fa avevo scritto questo breviario sull’estate trascorsa. L’anno scorso è stata un’estate cui, ancora, non riesco a trovare una collocazione sentimentale. Questa, invece, è stata l’estate in cui, dopo mesi di buio, sono riuscita, sorprendendomi ogni giorno, a riaffacciarmi alle cose. Segue classico piccolo elenco puntato di quelle che voglio fermare:

  • Happy Home ha subito un make over pazzesco e inaspettato. Se prima era un luogo meraviglioso, adesso è diventato un piccolo regno incantato. I lavori sono ufficialmente finiti e, finalmente, anche i miei genitori hanno capito che è qui, proprio su quest’Eremo, che per ora voglio stare.
  • Ho letto tanto, ho condiviso le mie letture, mi sono riappropriata del piacere di leggere che mi aveva abbandonata da mesi: mi sono ritrovata.
  • Ho trascorso tanto, ma davvero tanto tempo in compagnia di amiche e amici: senza turbinii, senza rincorse. Ho scoperto luoghi nuovi, persone nuove, ho riscoperto la protezione, l’abbandono, la complicità.
  • Ho cucinato un sacco, dato cene sotto le stelle che, quest’anno, ho anche visto cadere. Mi sono sentita circondata d’amore.
  • Continuo ad ascoltare, sempre e inesorabilmente, la stessa musica: nonostante io sia stata ampiamente istruita, brancolo nel buio rispetto ai tormentoni estivi. Sorry.
Ma è incredibile, in cuffia ho gli Zen!
  • Oltre alle tartarughe, a Matilda e a un Mumin, adesso anche Polissena veglia su di me. Tatuarmi è una delle cose che meno mi aspettavo mi appartenessero, e invece più mi rappresentano.
  • Se voglio tornare a capirci qualcosa, devo andare in Pineta, non c’è proprio nulla da fare.
  • Alla fine sono riuscita, di nuovo, ad andare in giro da sola, e non mi sono nemmeno resa conto che stava succedendo.
  • Piteccio mon amour.
  • So TUTTO sugli alpaca, e continuo a riderne e sorriderne.
  • Una vacanza inaspettata mi ha ricordato quanto sia bello andare in vacanza: svegliarsi piano, fare colazione piano, mettersi in costume, trascorrere la giornata a nuotare passeggiare leggere sonnecchiare, fare la doccia, darsi il doposole, andare a cena, andare a letto, ripetere per sette giorni. Continua tutto ad avere dell’incredibile.
  • Se vado lenta è perché ho le radici: mi vengono i brividi solo a scriverlo.
  • Mettere confini per non allontanarsi: brividi bis.

E adesso, davanti, c’è una pagina bianca. Finalmente e completamente bianca. Una classica nuova agenda da iniziare, la pelle abbronzata, le fondamenta riparate su cui ricominciare a costruire. Le macerie lontane. Sarà climaticamente estate fino a fine ottobre, il mondo crolla e squarcia le giornate con valanghe di merda. Ma siamo qui, e l’autunno inizia quando comincia la scuola: e l’autunno è la mia stagione preferita.

B.

Una sarabanda di libri a caso #6

Ho deciso che questa sarà, per il momento, l’ultima sarabanda di libri che vi propongo: è stato bellissimo avere un filo da seguire in queste settimane, un impegno che sono riuscita a portare avanti con felicità. La realtà è che scegliendo questi ultimi continuavo a dire “oddio ma devo parlare anche di lui”, “no ma quest’altro che bello!!”, però adesso anch’io andrò una settimana in vacanza e al rientro sarà magicamente settembre, e a settembre bisogna fare posto per nuovi progetti.

I libri che sono usciti questa volta dai miei scaffali sono storie d’amore; mi sono resa conto che nella mia libreria, a dir la verità, non ce ne sono tante, e anche queste non ne seguono i dettami classici. Mentre rifletto su questa scoperta sconcertante, vi lascio la consueta listina:

  • F. Scott Fitzgerld, Tender is the Night, Penguin Modern Classics 1934 (first published): prima di The Great Gatsby, per me, c’è stata Tenera è la notte, letto in quel di Dublino undici (argh) anni fa. Mi fa impressione rivedere le frasi che ne avevo sottolineato: è una storia che mi ha emozionata tantissimo, fino alle lacrime. Rimasi stregata dalla scrittura di Fitzgerald, dalla sua minuta capacità di descrizione e introspezione, e dal disagio profondo che la storia d’amore tra Dick e Nicole portava con sé. Una lettura cardine della vitah.
  • Iacopo Barison, Stalin + Bianca, tunué | romanzi 2014: il secondo nato della mirabolante collana dei romanzi tunué è una storia d’amore platonica post-adolescenziale, semi-distopica, super bella. Di quelle che non ti aspetti, che hai paura sia piena di cliché e facili ami per il lettore, e invece no porca miseria, e allora ti ritrovi a divorare ogni pagina, a struggerti per i protagonisti, a preoccuparti per loro, ad apprezzare la delicatezza e la profondità della scrittura con un magone che faticherà a scomparire.
  • Niccolò Ammaniti, Ti prendo e ti porto via, Einaudi 1999: le pagine di questo libro sono gonfie di salsedine: ho la brutta abitudine di appoggiare i libri che leggo al mare sulla pancia bagnata. E allora questa storia sa di mare, anche se il mare non c’è. Ci sono Pietro e Graziano, la provincia, delle vite strampalate, delle piccole grandi tragedie. C’è il primo Ammaniti, e oh, a me garba un casino. Per me questo è un libro che parla d’amore, quello pazzo, quello dell’infanzia, quello che racchiude tutta l’esistenza.
  • Sergio Oricci, Cereali al neon, effequ 2018: non so se esiste un numero legale di volte per cui si possa consigliare un libro. Finché posso, non mi stancherò mai di consigliare questo romanzo incredibile, di cui l’unica cosa che mi è sempre venuta da dire è: “parla d’amore”. Ricordo i brividi fortissimi della prima volta che l’ho letto: di quando ritrovi sulla carta la descrizione di sensazioni fino ad allora nebulose e riparate da strati ingombranti che, finalmente, hanno trovato la via della fluorescenza.

È davvero questo, l’amore? Ne avevamo sentite tante, ma mai nessuno ce l’aveva descritto così. Due corpi in fusione, in viaggio verso un rapidissimo e doloroso decadimento. Ci destrutturiamo a velocità supersonica.
  • Eve Harris, Il matrimonio di Chani Kaufman, LiberAria 2016: un’altra lettura che, dopo anni, sembra appena essersi conclusa. La vicenda di Chani e della comunità ebrea ultraortodossa in cui vive sono un microcosmo inizialmente imperscrutabile – ma che poi si dipana e quasi quasi arrivi a capire (forse pure ad ammirare) chi riesce a seguire delle tradizioni che sembra impossibile abbiano a che fare con l’amore – finendo poi inevitabilmente per provare rabbia e smarrimento. È un romanzo che un po’ disturba e un po’ diverte, perfetto per dare aria ai pensieri e a renderti conto, ogni volta di più, che questa vita è dannatamente complicata.

Buone letture, e a presto. Io vado a respirare il mare.

B.

Una sarabanda di libri a caso #5

In questa listina c’è un libro che ha aspettato quasi sei anni per essere letto. E poi in due giorni l’ho divorato. Mi ha fatto venire in mente altre narrazioni lette tutte d’un fiato, sotto l’egida del Progetto Fofi. Sono tutti libri scritti da femmine, e il fatto che siano venuti fuori dagli scaffali in maniera spontanea, quasi da soli, mi ha fatta sorridere e non poco.

  • Margaret Laurence, L’angelo di pietra, Nutrimenti 2012: un romanzo dal quale è stato impossibile staccarmi. Capivo, finalmente, quale fosse il genere che più mi apparteneva, storie di vita vissuta, disagio di provincia, ambiguità del personaggio protagonista. Non per niente la canadese Laurence è considerata la controparte femminile del Faulkner della contea di Yoknapatawpha – c’è qualcos’altro da aggiungere? Sì: che ogni singola parola della storia di Hagar, la protagonista e voce narrante, ti resta tragicamente attaccata alle viscere. E sei lei, sei coloro che racconta, sei vita, sei morte, fulcro e motore che ossigena il cuore.
  • Maria Barbal, Come una pietra che rotola, Marcos y Marcos 2010: ecco, qui ci ho versato abbondanti lacrime. Che vi devo dire, a me la narrazione della durezza del mondo contadino mi annienta. Soprattutto quando si interseca a una storia d’amore d’altri tempi, che si avvinghia a sua volta con la lotta rivoluzionaria per cercare la giustizia, il pane, la terra. Una donna, Conxa, che si fa centro del mondo quando questo le volta le spalle, la sua fierezza e la sua indipendenza mi scossero in un momento di profonda stasi, e gliene sono ancora grata.
  • Sibylle Lewitscharoff, Blumenberg, Del Vecchio Editore 2013: questa è la lettura che tanto mi ha attesa -e poi stesa. Mi era stata consigliata dall’editore al lontano Pisa Book Festival del ’14. Non so perché fosse rimasto lì, forse perché la parola “filosofia” associata a un romanzo mi crea sempre un po’ di terrore. E adesso in verità vi dico, andate e leggetene tutti, perché ogni singolo personaggio che ruota intorno al filosofo Blumenberg vi dirà qualcosa in più di voi stessi, ma soprattutto è una lettura che reca piacere immenso a livello di parole, di stile, è porca miseria Letteratura, che gioia, che benessere, che sollievo! Le parti sull’Egitto e sul Sud America una cosa che boh.
Roar
  • Marlene Van Niekerk, La via delle donne, Neri Pozza 2010: questo romanzo è meraviglioso. L’ho divorato nonostante la mole, mi ci sono immersa totalmente, l’ho vissuto sulla pelle e sentivo le ferite aprirsi pagina dopo pagina. La costruzione narrativa è molto particolare, cosa che va di pari passo con la difficoltà di ciò che viene narrato, la vita di Agaat, schiava africana, e di Milla, afrikaner che la educa a sua immagine e somiglianza. Lo stream of consciousness si alterna a dettagli particolareggiati, e si crea immediatamente la voglia di sapere come si mette insieme ogni singolo tassello della storia. Ogni personaggio porta in sé l’ambivalenza tipica della vera Letteratura; la Storia sudafricana non è mai esplicitata, ma ben presente in sottofondo. Un capolavoro di commozione e angoscia, indignazione e bellezza.
  • Julie Otsuka, Venivamo tutte per mare, Bollati Boringhieri 2012: una narrazione particolarissima, delicata e insieme cruda, poetica testimonianza di esistenze ai margini, ma raccontate e quindi vivificate. Non ci si riesce a staccare da tutte le vicende che vi sono raccontate, alla prima persona plurale, un coro di voci che ti mettono a parte del loro destino di spose giapponesi destinate agli americani. Corri fino alla fine sperando in una salvezza che sai però già essere vana. Credo sia davvero raro riuscire a raccontare storie del genere senza cadere in banalità o forzature. Super super consigliato.

Buone letture (anche dalla Mimì),

B.

Una sarabanda di libri a caso #4

Il caso che lega questa sarabanda di libri è quello di una storia che V. mi ha proposto di leggere a ottobre, convinta che mi sarebbe garbata abbestia. Poi il libro è rimasto lì – come mi aspettavo sarebbe successo. Nel frattempo è accaduto di tutto, anche che la storia di Bonfiglio Liborio finisse in dozzina allo Strega. Sabato scorso, poi, in un luogo incantato, ho iniziato a leggerlo e… sbadabam!, mi ha conquistata. Durante la lettura mi sono venute in mente altre storie, che hanno formato un quintetto che mi somiglia tantissimo. Eccole qui.

  • Luciano Bianciardi, La vita agra, Rizzoli Editore 1962 (mia edizione Tascabili Bompiani, 2007): la scoperta di Bianciardi, con Il lavoro culturale, prima, e con La vita agra, poi, mi ha rimessa a posto con me stessa, e allo stesso tempo scombussolato la testa e ovviamente il cuore. Nel leggere questo romanzo del boom economico, il racconto di un disagio che più disagio non c’è, la metropoli che illude, il frastuono, la vita operaia, il disincanto completo, la rassegnazione e insieme il torrente di parole con cui ci si scaglia contro ogni minuscolo sopruso della modernità, ecco, io mi son sentita vuota e pienissima insieme, e questa cos’è se non letteratura?
  • Cesare Pavese, La bella estate, Einaudi 1949 (mia edizione 1971): ho letto questo romanzo breve alla fine dell’estate del 2017. Mi ricordo ancora l’afflato che provavo ogni volta che giravo le pagine, il disorientamento, l’avidità di interiorizzare la Bellezza. Gina e Amelia, Guido e Rodrigues: una storia che sembra nascere, davvero, sotto i tuoi occhi, perché Pavese riesce a trasportarti e coinvolgerti in modo raro, naturale, perfetto. Arrivi alla fine in un attimo, e hai solo voglia di ricominciare da capo.
  • Remo Rapino, Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio, minimum fax 2019: cosa si può dire di questo piccolo miracolo letterario? Sì, la tocco piano, perché finalmente ho letto qualcosa di diverso ma non rinvoltato su stesso, bensì con la forza di proiettarsi verso il lettore, senza compiacerlo ma nemmeno senza stordirlo. Un libro/linguaggio, l’epopea di un miserabile che riesce a racchiudere la Storia, ti affezioni a Liborio Bonfiglio, parli come lui, ridi insieme a lui, e poi alla fine magari piangi (io copiose lacrime). Bello bellissimo: leggetelo, please.
Potete leggerlo anche senza spararvi le pose
  • Ignazio Silone, Fontamara, Mondadori 1949 (mia edizione 1998): Fontamara è il mio romanzo-archetipo della letteratura del disagio. Ci sono rimasta sotto, mi ha segnata, cambiata, fatta sentire strana (lettura di classe in IV ginnasio, sarò stata l’unica a cui sinceramente piaceva), me l’ha svoltata, insomma è uno dei miei romanzi prefe. L’ho riletto da sola, citato non so quante volte, Berardo Viola c’est moi. Il cafone primigenio, i soprusi, le ingiustizie, nulla cambia ma la speranza non muore, si lotta, si casca, si pigliano li stiaffi, ma ci si rialza sempre. Non mi toccate Fontamara per nessun motivo, cuori.
  • I dimezzati | Storie vere di uomini e donne a metà, CTRL edizioni 2020: si tratta del secondo volume della Trilogia normalissima. Il primo è Gli ultrauomini, comprato a novembre e letto, rintanata sulla soglia di casa, durante il lockdown. Dei Dimezzati ho parlato su Lungarno (qui) e poi me lo sono regalata, amandolo tantissimo. Le fotografie che ritraggono i pazienti dell’ospedale psichiatrico San Niccolò di Siena ti perforano l’anima. Le parole di chi narra sembrano scritte dopo, e invece c’erano già prima. Racconti prefe, La montagna disincantata, Le estranee, Chiamate anonime e Profumo in un’altra lingua.

Buone letture, buone ferie d’agosto,

B.

Una sarabanda di libri a caso #3

Ho pescato un po’ a caso nello scaffale della letteratura americana: è uscito un titolo letto quattro anni fa, tre titoli letti in questi ultimi strani mesi e uno freschissimo di lettura.

  • Richard Ford, Rock Springs, Feltrinelli 1989: mi sono imbattuta in Ford nel 2014. Ho iniziato a caso da Sport Writers, e poi come il più delle volte mi succede non ho continuato. Nel ’17 ho letto Tra loro, posseggo già Il giorno dell’indipendenza e ora che ho letto questa raccolta di dieci racconti mi sento di dire che lo amo. C’è proprio tanta America, però insieme al disagio di un luogo dimenticato da dio come il Montana e di ciò che Ford ne racconta, c’è una delicatezza e un barlume di positività che traspare sempre da ogni racconto, anche dal più cupo. Racconti prefe: Amore, Figli, In malora.
  • Daniel Woodrell, La versione della cameriera, NNE 2019: regalo della I., me lo sono divorata. Belli, belli quei romanzi da cui non riesci a staccarti; vorresti rallentare ma proprio non riesci, la scrittura non te lo permette, né tanto meno la storia: quella di una sala da ballo che nel 1929 è esplosa durante una festa, e i cui colpevoli non sono mai stati scoperti. Ma Alma, nonna di Alek, la voce narrante (la descrizione iniziale pazzesca), ha raccontato al nipote la sua versione dei fatti e quindi no, dovete proprio galoppare verso la fine per poi scuotervi di dosso lo stupore, la polvere e i detriti che vi sono rimasti addosso.
  • Elizabeth Strout, Olive, ancora lei, Einaudi 2020: dopo lo spavento assoluto per non aver apprezzato Mi chiamo Lucy Barton e il trauma del passaggio da Fazi a Einaudi, ho tirato un sospiro di sollievo con Tutto è possibile, per poi aprirmi in un sorriso definitivo con il ritorno di Olive Kitteridge. Sono felicissima per come Strout sia riuscita a inserire il presente senza farlo sembrare posticcio, come si sia tenuta lontana dai piagnistei ma allo stesso tempo vicina alla commozione (io ho pianto salve), come abbia portato avanti il suo personaggio fino alla fine, inserendo riferimenti anche agli altri suoi romanzi. La adoro, fine. Racconti prefe: Pulizie, Luce, Cuore.
E invece no, aprile 2020
  • Jenny Offill, Sembrava una felicità, NNE 2015: un romanzo che mi ha aspettato cinque anni e che sono molto felice di aver letto a maggio: ci stava abbstia. Sottotitolo implicito: “e invece no”. Mi ha fatto sentire viva, è un romanzo che non tratta chi lo legge come un decerebrato ma che richiede attenzione e ti smuove cuore e cervello. Ti ritrovi a cortocircuitare con la protagonista, ti verrebbe a tratti da tirarle i nocchini e a tratti da farle tante carezze. Il racconto di una storia d’amore moderna senza stereotipi né facili cliché. Pagina 83 POSTER.
  • Roger Rosenblatt, Una nuova vita, Nutrimenti 2016: oh, questo libro. Quanto l’ho amato. E quanto l’ho inaspettatamente, amato. Avevo iniziato a leggerlo con un sacco d’ansia e pregiudizi, e invece mi ha completamente resa inerme e sciolta e fatto versare lacrime e so che dovrei, potrei rileggerlo, ma non ce la fo, fatelo voi per favore. È il memoir dell’esperienza dello scrittore sulla nuova vita che lui e sua moglie hanno iniziato dopo l’improvvisa morte della figlia. Un abbraccio lungo un libro, una secchiata di realtà, di tenerezza e di umiltà: vi ci vorrà la copertina, anche con i 39° odierni.

Buone letture, alla prossima,

B.

Una sarabanda di libri a caso #2

Libri che mi ricordano l’estate perché letti in estate, quel periodo sospeso, sempre uguale a se stesso a prescindere dall’anno, dal momento, dalle cose che stai vivendo, da chi hai accanto. L’estate è solo l’estate.

Tre di questi libri hanno la dedica dell’autore. Due di questi libri mi sono stati regalati. Hanno tutti la copertina con i colori del mare, o a volte del cielo. In due di queste copertine c’è chi sta in acqua: una donna galleggia, un uomo nuota nel volto di una donna. In uno di questi libri ci sono disegni incredibili. Tutti questi libri ti sanno restare addosso, come la sabbia dopo un giorno di mare, che rimane ovunque, e ritrovarla nei posti più impensabili ti fa sorridere e ti aiuta a respirare.

  • Valeria Parrella, Almarina, Einaudi 2019: romanzo finalista all’edizione 2020 del Premio Strega, l’ho letto a giugno dell’anno scorso: è pieno di sottolineature e orecchie e riflessioni scritte in obliquo: “gente che ci sa fare con le parole”, “la meraviglia”, e poi frecce, asterischi, cuori. Segni inequivocabili che un libro mi è piaciuto davvero, ma davvero tanto. Mi accodo a coloro che lo hanno già spassionatamente consigliato: leggetelo, che poi vi sentirete diversi.
  • Paolo di Paolo, Una storia quasi solo d’amore, Feltrinelli 2016: una delle letture agostane del 2016, approcciato con un po’ di diffidenza perché e la parola amore nel titolo, e i narratori italiani, e la contemporaneità… io sempre inquietudine e terrore. E invece rimasi così colpita e cullata dalla storia di Nino e Teresa, e dal modo di raccontarla dell’autore – che non mi faceva incazzare ma anzi, mi restituiva sorrisi e silenziosi cenni di approvazione, che mi sento proprio di suggerirne la lettura pure a voi.
  • Eshkol Nevo, Pax Paloscia, Vocabolario dei dei desideri, Neri Pozza, 2020: micro racconti abbinati a illustrazioni che quasi ti verrebbe l’istinto di strappare dal libro e appendere in casa ma no ovviamente no. Un dono improvviso, inaspettato, che avvolge di ulteriore significato le frasi secche e precise di Nevo. Uno stile che non prediligo, ma che alla fine del libro si è dotato di senso, ed è riuscito a trasportarmi in luoghi e situazioni altre e a loro modo affascinanti, lasciandomi sospesa e con il cuore che vibrava.
Happy B.
  • Alan Pauls, Storia dei capelli, Edizioni SUR, 2012: Alan Pauls (il bonissimo Alan Pauls) era ospite all’edizione 2016 della Grande Invasione, per presentare in realtà Il fattore Borges. Ma a me piace sempre cominciare dall’inizio (anche se questo è il secondo volume della trilogia, ma il primo pubblicato da SUR). Insomma, Storia dei capelli è uno dei miei libri prefe, un continuum narrativo che non ti permette quasi di staccare gli occhi dalle pagine, un capolavoro, oh! Non riesco mai a dirlo in modo diverso: la letteratura sudamericana si invischia nella pelle e si fa sudore, brividi e materiale che ti spalanca i sensi verso pensieri e percezioni inimmaginabili fino a poche parole prima.
  • Yves Pagès, ricordarmi di, L’Orma editore, 2015: questo libro risale ai tempi di Roma. Fu presentato alla libreria minimum fax a Trastevere, non ne ho purtroppo ricordo (per l’appunto la dedica dell’autore dice “un libro di amnesia selettiva”: della serie, non avrei saputo dirlo meglio). Però le parole depositate su carta permangono, e questa raccolta di memorie sparse, piccole o grandi, divertenti o malinconiche, sono uno di quei gioiellini letterari che solo case editrici indipendenti e di ricerca possono pubblicare, e di cui noi possiamo godere.

Alla prossima, abbracci sudati,

B.

Una sarabanda di libri a caso #1

Quando riprendo le fila della mia esistenza la prima cosa che certifica l’avvenuta rimessa nel mondo è la cura per libri: ricomincio a dedicare loro grandissima parte del tempo, a condividere quelli che leggo in real time (purtroppo non ancora su Real Time), ad aggiornare l’elenco di quelli letti e a spupazzarmeli tutti. Sistemando i volumi nelle nuove librerie mi sono resa conto di quante storie belle ho letto e con cui non vi ho tediato: non me ne capacito, sono qui con la mia espressione incredula e sdegnata da circa un paio d’ore (questa).

E visto che, è incredibile LO SO, siamo in piena estate, mi sembra allora il momento perfetto per prendermi questo piccolo impegno settimanale, che magari a qualcuno queste listine di libri sparsi possono tornare utili.

  • Sara Taylor, Il contrario della nostalgia, minimum fax, 2018: mamma mia quanto, quanto è bello questo libro. Madre e figlia, viaggio, Stati Uniti, disagio, romanzo di formazione all’incontrario, parole che si appiccicano e descrivono alla perfezione momenti, sensazioni, vuoti. Ci si sposta e ci si ferma e si inseguono donne diverse, si chiamano tutte Laura e sono state fondamentali nella vita della madre di Alex, voce narrante e portante. Una di quelle storie che ti costringi a leggere piano, perché ad ogni pagina che ti lasci indietro inizi a sentire proprio la nostalgia.
  • Jane Sautière, Guardaroba, laNuovafrontiera, 2018: questo me lo tenevo da leggere da un bel un po’ di mesi, ed è stata una delle prime letture che sono finalmente riuscita a fare nei giorni della quarantena. E continuo a pensarci, e penso anche di averlo tirato fuori proprio al momento giusto. È un memoir intimo e delicato, in cui l’autrice ripercorre la propria vita attraverso gli abiti che ha indossato. Un’idea semplice no? Eppure, non credo fosse così facile da realizzare. Andate oltre le prime pagine, e non riuscirete più a staccarvene e a sottolinearne le parole.
  • Stefan Zweig, Mendel dei libri, Adelphi, 2008: questo è un gioiellino, una piccola cosina letteraria preziosa, non solo per chi è infognato nella letteratura, ma proprio per chiunque voglia capire cosa significhi scrivere santinumi ammodo. Sarebbe proprio da portarselo sempre dietro e rileggerlo a giorni alterni. Perfetto da regalare a chi si vuole bene per davvero (e poi Zweig di cosa stiamo parlando insomma). Io lo avevo scoperto, ai tempi, grazie a internostorie.
Intermezzo con Mimì Magia dell’integrazione massima a Happy Home
  • Julio Ramón Ribeyro, Solo per fumatori, laNuovafrontiera, 2013: otto racconti che all’improvviso ti rendi conto di aver divorato, così densamente sudamericani. Conosciuto grazie a Fofi, era la prima volta che leggevo un peruviano: è incredibile come si senta la differenza tra ciascun paese d’origine, e allo stesso tempo pure quella cosa che se uno leggesse senza sapere né titolo né autore dopo poche righe esclamerebbe hey, ma questo è un sudamericano! Ho apprezzato l’abilità di Ribeyro nel destreggiarsi nell’arte del racconto, e come sia riuscito a far sfiorare, in certe storie, il realismo col fantastico. Il racconto che dà il titolo alla raccolta è chiaramente il mio prefe.
  • Allan Gurganus, Non abbiate paura, Playground, 2014: questa fu una scoperta pazzesca, una delle tante fatte grazie alla biblioteca di Baselga che l’estate fa il mercatino di libri. Una storia agghiacciante e quindi perfetta da leggere quando ti sudano pure le palpebre, è tutto un esclamare a voce alta nommaddavero e ommioddio e però quanto è scritto bene! Non aggiungerei di più perché si rovina tutto, quindi consiglio a voi di leggerlo e a me di recuperare gli altri titoli, come mi ero prefissata nel ’16, di questo poco noto ma dice fondamentale scrittore ammerrigano.

Grazie di essere passati, a presto, saluti e baci.

B.

No music on weekends @ Serre Torrigiani | 16.07.2020

Tutto stava nel ributtarmi nel mondo on-line con un tempismo che scansatevi (sempre, dalla luce). Grazie all’essere riuscita, dopo numero mesi quattro, a riaprire instagram senza terrore, ieri mattina ho scoperto che ci sarebbe stato il Grande Ritorno delle Presentazioni Live di effequ. A riaprire la stagione, il saggio pop di Gabriele Merlini, No music on weekends | Storia di parte della new wave, uscito a febbraio. Non mi sono promessa niente, non ho fatto squilli di trombe o grandi annunciazioni perché poi sai mai, però, alla fine, ce l’ho fatta. Mi sono traslata a Firenze, da cui mancavo sempre da numero mesi quattro (e un po’), e in qualche modo sono giunta in un luogo incantato, che penso non esistesse fino a tipo poche ore prima, sono fermamente convinta che sia stato creato dalla Fata Smemorina e che già adesso non vi sia più. Nel caso non fosse stato un sogno, il posto era questo.

E dopo aver attraversato un corridoio con le lucine dai cui lati spuntavano genti seminascoste da siepi di piante aromatiche, mi sono ritrovata in mezzo alle fresche frasche e alla verzura, circondata da pomodori e zucchine e dal banchino dei libri. Sarà che:

  • Era tipo la mia terza uscita ufficiale
  • Era la prima volta che rivedevo persone intente a fare una delle cose che più amo al mondo (parlare di libri)
  • Erano tutti BELLISSIMI e leggiadri e sorridenti e in carne ed ossa
  • Di quel libro ne avevo sentito parlare dall’autore una volta a cena lo scorso anno, e vederlo stampato mi ha fatta sentire una vecchia zia coi baffi orgogliosa della creatura
  • Vedere le persone a cui vuoi bene dopo quella che è sembrata una vita intera è una delle botte di felicità più belle che si possano avere

ma ecco, sono state due ore incredibili. Non sono riuscita ad ascoltare con attenzione (too much situation, quando sono arrivata mi è stato offerto di mettermi a sedere come agli anziani sui mezzi pubblici ed è stato magico), eppure mi è sembrato di cogliere in pieno le vibrazioni di benessere che arrivavano dal palco, era proprio una presentazione capite, la presentazione di un libro! Un libro che già da copertina e indice potrebbe finire, e invece per fortuna continua.

Momento prefe

Ieri tornata a casa, ancora inebriata dagli abbracci e dall’essere riuscita a sortire dall’Eremo senza conseguenze, mi sono sparata le prime trenta pagine, e con una banalità imbarazzante mi sento di dire che vi consiglio caldamente di farlo vostro. La mia non-competenza in materia mi fa fermare qui, perché davvero ho già scoperto una valanga di gruppi/parole/luoghi/cose/opere e omissioni che ignoravo del tutto e che mi hanno messo subito in sommossa la testa e, dannazione, che figata. Ed è una scrittura talmente serrata ed evocativa e densa che ha già quasi del mistico, e io sono super esaltata.

Perché, cercando riparo sotto un portico, è bene ribadirlo: una fetta essenziale di storia della musica è topografia di luoghi e analisi di spazi, sequenze di puntini che tra le pieghe delle mappe si uniscono e divergono restituendo informazioni imprescindibili riguardo movimenti giovanili, derive del gusto e rigagnoli di rumore

A fine libro, poi, ci sono sei pagine di discografia scritta fitta fitta, e mi sento già una persona migliore (in realtà mi ci sento per la dedica con disegnino, Zerocalcare attento che il Merlini spakka tutto).

B.

Bolla (provo a uscire dalla)

E invece da qualche parte sono andata. Un pezzettino però è rimasto: ed è a quello che mi sono aggrappata, giorno dopo giorno, anche quando volevo solo, davvero, andare via.

Ha fatto proprio schifo. Non è che le altre volte fosse stato magico, ma questa ecco, ha avuto dei connotati orrendi. Ma sta passando. Finalmente. Non so come spiegarlo, anzi credo proprio di non averne nessuna voglia. Ho soltanto voglia di esserci, di nuovo. Di dire hey, che buffo, ce la si può fare sempre, ad andare avanti. Mi sento come la carne dei polli ruspanti di Mario (quelli che sono rimasti, che gli altri sono stati rubati – ho collezionato aneddoti tipo per sempre): attaccata alle ossa, mica come quella dei polli da allevamento, che si stacca in un attimo. Questa la devi proprio addentare con forza e dovizia, è un pasto che richiede concentrazione massima e un po’ di esperienza. Mi sento così, attaccata alle cose, nonostante tutto: abbarbicata all’esistenza, pure quando mi disgusta. E sto provando a capire cosa succede, anche quando non ne ho voglia, anche quando la testa non collabora, anche quando tutto sembra inutile e insensato.

Vabbè, facciamo basta. Dentro di me ora c’è il silenzio che non trovavo più da un anno a questa parte, e vi assicuro che è una conquista tipo rugbista che arriva alla meta proprio all’ultimo secondo (una massima esperta di rugby, io). È il 15 luglio 2020 e non va tutto bene. Ma so che giorno è, che temperatura percepisco, e Mimì dorme nella cesta accanto a me.

Momento di gioia assoluta: la prima volta che mangio una brioche. La prima volta che mangio fuori. Era il 7 luglio, ed ero a Baratti.

Adesso arriva una notizia brutta: #notmygatto non è più con noi. Lea, il cane da guardia di Mario, ha cenato con Leo, un’infausta notte di inizio giugno. Non riesco ad aggiungere altro, perché mi tremano le mani. Tuttavia, quellameravigliadimiasorella ha intercesso per me, e in un altro giorno parecchio brutto una Gemma mi ha portato una minuscola gattina bianca, con macchie grigio #notmygatto. E così adesso ho una micina dal nome lezioso e di una bellezza che boh, e l’universo si è veramente rovesciato.

Per il momento non mi viene nient’altro di brillante da aggiungere, se non un’informazione bella che come al solito mi imbarazzava tantissimo (non è facile essere me, d’altra parte, ricordate?): da marzo collaboro con la rivista fiorentina Lungarno (per motivi ben noti il numero di marzo è stato pure l’ultimo ad essere stampato e distribuito in città, ma questi sono dettagli). La mia rubrica si chiama Libri e Libellule, e scrivo di libri e dintorni. Se vi va, la rivista si può sfogliare on-line. Scrivere anche solo una volta al mese ha dato un contributo primario al mio restare nel mondo, e quindi ecco, questa cosa mi fa felice.

Come il pensiero di poterci rileggere presto, se vi va. Piccoli impegni, piccoli passi, poca furia, parecchia pazienza. E tanti, ma proprio tanti tantissimi abbracci.

B.

Lunedì, dicembre, piove, sto. Bene.

Il 2019 sta per finire e io ho appena buttato gli scontrini di aprile. La inizio toccandola piano. Questa vitah è buffa, ti sembra sempre di esser lì che ce la stai per fare, ti manca un attimo, stai per acciuffare il lurido cencio del calcinculo, sei a un soffio, e invece no: via che la giostra riparte più veloce, e te rimani fregato (sarei molto curiosa di fare uno studio approfondito sul numero delle volte in cui è stata usata questa metafora, tante suppongo, ma ora pure sticazzi).

Stavo per scrivere che è novembre e il vento sta cambiando, e invece no, è dicembre. Ed è pure lunedì. Ed è iniziato con classic combo, diluvio universale e bestemmie. Poteva andare TAT©, e invece è andata bene, è andata ecco, sono stata molto felice, poi mi sono riconcentrata sulle cose da fare, e adesso non vedo l’ora di essere a Happy Home. A proposito: #notmygatto ha latitato per una settimana intera e ne ho sofferto parecchio, ma ier sera me lo sono trovata in casa senza che me ne accorgessi, deve aver fatto proprio un balzo felino!

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Altre cose che mi preme molto dirvi:

  • Sono diventata ufficialmente, di nuovo, una di quelle persone che paga l’abbonamento annuale in palestra, ha sempre la borsa pronta, e poi non ci va per due settimane di fila. Può succedere, il mio problema è che ogni volta che torno mi sembra di essere stata via per epoche, vorrei salutare tutti, chiedere a ciascuna delle persone che la frequenta come sta, poi mi ricordo che non parlo con nessuno e che le conosco solo nella mia testa.
  • Sono tornata al cinema: era da quando ho visto tipo in anteprima mondiale Once Upon A Time in Hollywood a Novi Sad che non mettevo piede in una sala cinematografica, e insomma passi da gigante. Ho visto questo film, mi è piaciuto molto, io in quanto Bea ve lo consiglio assai.
  • Sono stata al Wom Wonderful Market, ed è stata una boccata di meraviglia: ed è bellissimo vedere che tutto è sempre lì al suo posto, anche quando avevo paura di essermelo persa. E io all’Officina Giovani cambio sempre faccia. Portarmi lì, ieri, è stata un’ottima idea. Ne ho blaterato su @tortadilatte, se vi interessa.
  • Sto riprendendo a leggere, non quanto vorrei, but still. Vorrei un po’ più silenzio intorno a me, sento tanto rumore, e allora non riesco a concentrarmi.
  • Mercoledì vado a Roma, c’è Più Libri Più Liberi, e sono tanto felice, anche se ho un po’ di ansiella, perché insomma non ci vado dal ’14, e ci saranno tantissime persone che voglio salutare, ma credo che la mia strategia sarà mettermi in un punto chiave della Nuvola e ostacolare il passaggio, così magari mi venite a sbattere addosso e ci salutiamo, io vi abbraccio e poi voi andate a fare felici le vostre cose. Che non ho tanta voglia di stare troppo al chiuso. Mi serve ossigeno, mi serve luce, mi serve muovere le articolazioni, che c’è umido e sennò faccio ruggine.
  • Oggi mi sono fatta un tatuaggio, anzi due. Sono due tatuaggi felici, li aspettavo da tanto, non ho sentito male (VE LO GARANTISCO SE CE L’HO FATTA IO POTETE FARCELA TUTTIIIIIIIIIII!), ho avuto un po’ di paura ma mi sono sparata in cuffia la musica trap, e me la sono rigovernata.
  • Ci sono vibrazioni positive nella Conca, e io mi sento un’antenna parabolica in disuso, devo tornare a ricordarmi come funzionano le onde buone.
  • Avevo un po’ di progetti, alcuni si sono auto-eliminati, altri sono in decantazione, altri ancora stanno prendendo forme diverse da quelle che immaginavo. Estarémo a vederecome dice Aracelio.
  • Invece la mia amica Francesca oggi ha dato via al suo, di progetto!: sono mesi che se ne parla, e allora adesso seguitela, amatela, diffondetela, supportatela, bookatela! Io ci credo abbestia, è una cosa importante.

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Mi dico di avere pazienza, che adesso tanto è dicembre, il mondo fuori è in corsa, frenesia portami via, ma io me la prendo con calma, che tanto, come al solito, non vado da nessuna parte.

B.